Ultimo atto
Autore: Guido Pagliarino
“Frattanto questo vangelo del regno sarà annunziato in tutto il mondo, perché ne sia resa testimonianza a tutte le genti; e allora verrà la fine” (Mt, 24, 14).
Ferrero Verdier Seconda di Schmidt Verdier Primo e Pellissier
Ferrero Terza, ti sei tu preparata con un buon esame di coscienza?"
"Sì, Confessore
Ferrero era rimasta due ore in fila davanti all'Obelisco del Pentimento. Era giunta prima del tramonto della seconda luna ma molti già erano arrivati e, in attesa che fosse venuto il suo turno, aveva ripassato ancora una volta gli ottantotto Comandamenti della Legge. Eppure, come sempre, era stata piena d'angoscia; temeva di scordarsene qualcuno, talmente erano numerosi: al penitente spettava d'elencarli e nel loro preciso ordine. In caso d'errore, cinque schiaffi per guancia e, peggio, presentarsi il giorno successivo e cominciare daccapo. Doveva evitarlo, era già veramente troppo pesante il doversi confessare, per Legge, una volta al mese!
La sera prima aveva caricato la sveglia per levarsi almeno con due ore d'anticipo sul tramonto della prima luna e avere il tempo per un nuovo esame di coscienza. Non aveva però dovuto attendere la soneria per svegliarsi; una luce che irrompeva dalla finestra semiaperta l'aveva destata, abbacinandola.
Nel cielo nero, tra le poche stelle, c’era una cometa luminosissima, immobile. Dopo qualche secondo, l'astro s'era precipitato veloce dietro all'orizzonte, come improvvisamente precipitato. Conclusa la Confessione, Ferrero sarebbe passata dalla piazza del Mercato Grande per sapere se altri l'avesse visto e, magari, ne sapesse di più.
Il Confessore aveva intanto pronunciato la seconda frase rituale: "Provvedi dunque a elencare nell'ordine i Comandamenti, e per ognuno dirai se vi hai mancato o se non vi hai mancato; e che lo Spirito del Divino Fondatore e quello del Divino Comandante ti assistano".
Ferrero deglutì, umettò le labbra e cominciò: "Primo Comandamento: Ho io mangiato, come prescritto, nel primo giorno del mese, il frutto della pianta del Divino Fondatore? Sì.
Secondo Comandamento: Ho io lanciato in alto, come prescritto, un bianco sassolino nel decimo giorno del mese? No".
Abbassò il viso in segno di pentimento, poi lo rialzò per averne lo schiaffo penitenziale.
"Terzo Comandamento: Ho io..."
Dopo il quarantaquattresimo, bisognava recitare i primi versetti del Libro Sacro: "Vennero a Solingo da una terra lontana, che aveva in cielo una luna soltanto, i 200 Pellegrini. Attraversarono il luogo di morte delle particelle penetranti e sulla nave dell'Uomo solo più venti erano vivi, e dieci erano maschi e dieci femmine. A causa della barriera di quelle particelle attorno al pianeta, non poterono inviare messaggi al resto dell’universo. Sbarcarono e la nave fu distrutta da un terremoto. Per ottantotto anni su Solingo furono sangue e caos, l'uno combatteva l'uno, i dieci combattevano i dieci e cinquanta figli furono contro cinquanta figli. Allora, il Divino Fondatore diede la Legge e l'Ordine fu".
Ferrero riprese il suo elenco di Comandamenti.
"(...) Comandamento ottantasettesimo: Ho io chinato la testa davanti ad ogni Santo Compasso, simbolo del Divino Comandante? Sì".
Erano questi ultimi i precetti più importanti; se uno aveva mancato contro di loro, la penitenza era la prigione: mesi, o addirittura un anno. Ma non si poteva non confessare quei peccati: la Religione insegnava che sette anni di disgrazie tremende sarebbero caduti altrimenti sul capo, e lutti.
"Comandamento ottantottesimo: Ho io disobbedito al Divino Comandante o ai suoi Santi Ministri o ai suoi Venerabili Funzionari e, se sì, come? No".
Ferrero fece i tre inchini prescritti, sollevata; non avendo compiuto peccati gravi, anche questa volta poteva andarsene assolta e libera.
Il Divino Comandante camminava avanti e indietro per tutta la larghezza della sala del Posto di Comando, le mani giunte dietro la schiena, lo sguardo al pavimento. Rifletteva. Per fortuna il popolo ancora non sapeva nulla e c'era un poco di tempo. Lavare loro il cervello? E se con quei quattro alieni non avesse funzionato? Tenerli al palazzo ospiti per sempre, senza lasciarli uscire mai? Ma le guardie non avrebbero, prima o poi, parlato?
Inoltre, non sarebbe stato quasi come condannarli alla prigione? Per peccati d'opinione, massimo un anno; e poi dov'era scritto che fossero venuti a creare disordine? Ma se invece avessero mestato? Cambiare la legge apposta per loro? La sua defunta madre aveva innalzato la massima pena, per peccati di pensiero contro l'ordine costituito, a vent'anni; ma era stato controproducente, perché la gente aveva preferito attendersi sette anni di disgrazie piuttosto di confessare e finire per due decenni in galera: tutti santi parevano divenuti in quel tempo! Perciò, appena salito al Posto di Comando, egli aveva riportato ogni cosa come prima. Massimo un anno di prigione, e di solito assai meno, contro i sette di lutti e rovine era l'equilibrio perfetto, lo diceva l'esperienza: era un tempo più che sufficiente per un buon lavaggio del cervello; anzi, qualche mese, di solito, bastava.
Né si poteva, viceversa, far credere a un numero maggiore d'anni di malasorte; sette e solo sette erano ormai nella Fede di tutti. Anche lui, fino a quando non era salito al potere un anno prima e non aveva letto, unico ad averne diritto, il diario del Divino Fondatore, era stato credente, aveva adorato la Divina sua Madre ed era stato certissimo che la mancata confessione dei peccati portasse davvero sette anni di disgrazie. Figurarsi! Quelle toccavano a tutti, purtroppo; era la vita! Davvero aveva avuto gli occhi coperti; e pensare di divenire sul serio un dio una volta Comandante: che ingenuità!
Eppure, allora era stato meno infelice di adesso che sapeva, ormai, d'essere soltanto un povero uomo, e solo: l'unico senza la Speranza. Quanto l’avrebbe voluta!
Non aveva la dura tempra di sua madre lui: se solo quei quattro fossero arrivati un anno prima, la Divina Comandante li avrebbe subito fatti bruciare sul rogo come stregoni, senza esitazione, senza nemmeno volerli vedere; e tuttavia, nonostante l'apparente forza d'animo, la mamma era stata persona tristissima, come lui adesso. Egli ricordava che, bambino, entrato furtivo nelle Adorabili Stanze, l'aveva sorpresa piangere sul diario del Divino Fondatore: doveva appena avere appreso che Lui era stato solo un uomo e che lei, dopo la propria morte, non sarebbe sopravvissuta nella sua Mente Eterna.
Fratello Paolo-Miki Tanaka, capo della missione, stava pregando il Cielo coi suoi tre compagni affinché il signore del pianeta si decidesse a riceverli. Anche in questo Dio li aveva aiutati, facendo atterrare la Comet proprio vicino alla reggia; e certo era stato per sua ispirazione che, fin da ragazzo e contro la verosimiglianza, egli aveva sentito che gli esseri umani partiti mille anni prima a colonizzare il pianeta Solingo non erano tutti periti nello spazio delle particelle penetranti, come invece raccontava la storia: lanciati nel 2992, dicevano i testi, all'epoca dell'ennesimo, provvisorio, trionfo dell'ateismo, questa volta sotto il governo dell'Ego Centrale, essi erano tutti miscredenti. Infatti, in quel tempo di nuova gravissima persecuzione contro la religione, solo i nemici del Trascendente potevano accedere alla scuola superiore e all'università ed avere cariche o funzioni pubbliche; il Corpo degli Astronauti accoglieva, così, solo atei professi.
In quel lontano passato l'accanimento contro i fedeli era stato tale che le autorità avevano invitato ogni ateo che portasse il nome d'un santo a sostituirlo, affinché desse pubblica mostra della sua miscredenza e d’obbedienza assoluta al Governo ateo: al posto, il cognome della madre. Anche per i nomi di quei pellegrini, che gli elettroarchivi storici tramandavano, padre Paolo-Miki era convinto che quegli antichi astronauti fossero stati atei e che quel pianeta fosse terra di missione.
Dopo il Grande Caos Egotista del trentunesimo secolo, nuovo purgatorio per il genere umano col suo malo frutto di orrori, il Trascendente aveva trionfato, non solo su tutta la Terra ma su ogni mondo della galassia dove l'uomo, nel frattempo, s'era diffuso.
Soltanto su Solingo non s'era più avventurato nessuno, temendo le particelle che lo circondavano.
Per dieci anni Paolo-Miki aveva implorato il permesso di papa Pirelli, ma quel pontefice prudente gliel'aveva sempre negato: "Iniziativa destinata a fallire nella morte dei missionari; e senza che su quel mondo vi sia alcun essere umano".
Dopo che questi era mancato, poco meno di un anno prima, il suo successore papa Mobutu, ricevuto fratel Paolo-Miki in udienza, gli aveva dato invece l’autorizzazione, immediatamente. Egli pure sentiva, come aveva detto, che su quel pianeta c'erano “anime da convertire; e", aveva aggiunto, "poiché il bisogno di Dio resta nel cuore, sento, misteriosamente, non solo che quegli esseri umani esistono ma che essi vogliono Dio e sono ormai pronti ad accoglierlo".
I quattro religiosi stavano ancora pregando quando una guardia entrò:
"Rassettatevi. State per essere ricevuti dal Divino Comandante".
"Come potremo iniziare?" chiese, più a sé stessa che agli altri, sorella Mao
Xiao Zhen Maria: "Dicendo della Speranza?".
"Non sarebbe meglio parlare prima, in generale, della Terra?", suggerì la
sorella Elizabeth Donovan.
"No, sùbito i due Comandamenti: Ama il Signore Dio Tuo con tutta l'anima,
con tutto il cuore, con tutte le tue forze; e il prossimo tuo come te
stesso, compresi i nemici!" proclamò fratello Marius Arouet.
Paolo-Miki sorrise: "Perché vi affannate a cercare parole? Credete forse che Dio, il quale ci ha condotto salvi, contro ogni probabilità, fino a quest'ultima terra di missione, non vorrà tra poco darci la Parola?".
“In principio era la Parola e la Parola era presso Dio e la Parola era Dio” (Gv. 1, 1).
Veritas, 4 giugno 2006 / 2 dicembre 2010