Un'imagine sbagliata dell'eroe
Autore: Edoardo Rialti
Fonte: L'Osservatore Romano / LifeSiteNews

Nel successo dell'Harry Potter di Joanne Kathleen Rowling molti hanno voluto vedere un parallelo con le grandi opere fantastiche di John Ronald Reuel Tolkien e Clive Staples Lewis, gli autori cristiani delle fiabe più amate del Novecento, due uomini che con la limpida bellezza delle loro opere hanno fatto per un numero infinito di persone quello che tanti altri non hanno saputo o voluto fare: li hanno esposti alla trascendenza, all'infinita bellezza della grande storia provvidenziale nella quale "viviamo, ci muoviamo ed esistiamo".
Tuttavia, sebbene la superficie presenti molti apparenti punti in comune, la sorgente immaginativa e la proposta educativa alla base dei romanzi di Rowling è molto diversa da quella di Tolkien e Lewis, e comunica una visione del mondo e dell'uomo piena di errori profondi e di pericolose suggestioni, tanto più seducenti perché inframmezzati a mezze-verità e ad una scrittura coinvolgente. Ma come ammoniva Lewis "i veleni, quando diventano dolci, non smettono per questo di uccidere". La vera grande fantasia della sana tradizione occidentale è sempre stata una finestra spalancata sull'ordine profondo dell'universo creato e sul cammino dell'uomo. Tolkien nel suo fondamentale saggio Sulle fiabe, ricordava come il narratore di fiabe può allontanarsi dall'ordine fisico dell'universo creato, ma non dal suo ordine morale: possiamo immaginare un universo illuminato da un sole verde, ma non dobbiamo cedere alla tentazione di presentare come positiva una realtà dove la struttura morale e spirituale siano invertite o confuse: un mondo dove il male sia bene.
Ed è esattamente questo che accade in Harry Potter. Nonostante i singoli valori positivi che possono essere riscontrati nella narrazione, alla base di questo racconto viene proposta come ideale positivo la stregoneria, la manipolazione violenta delle cose e delle persone grazie a delle conoscenze occulte, appannaggio di pochi eletti: il fine, in fondo, giustifica i mezzi perché i sapienti, gli eletti, gli intellettuali sanno come controllare anche le potenze oscure, e volgerle al bene, no? La sinistra "civiltà delle macchine" da cui ci hanno messo in guardia Lewis, Bernanos, Giovanni Paolo II passa anche di qui.
Questa è una grave e profonda menzogna, l'antica tentazione gnostica di far coincidere la salvezza e la verità con una conoscenza segreta: ecco perché Harry Potter è pur ricco di valori cristiani, ma quegli stessi sono staccati dalla sorgente vera che li fa essere, il vero ordine delle cose. Protagonista delle fiabe è sempre stato un ragazzo normale coinvolto in una avventura straordinaria: la magia è sempre stata o una rappresentazione visiva delle forze del male che insidiano il cammino, oppure, sul versante positivo, una immagine altrettanto visiva della Grazia: i saggi maghi e le buone fate rappresentano la Provvidenza che non ci lascia soli nel cammino. Ma si tratta appunto di potenze che accompagnano o ostacolano l'uomo, e non di poteri che l'uomo stesso debba conquistare prometeicamente per dominare e vincere. Questi sono poteri che spettano solo a Dio e ai suoi messaggeri, come ci ammonisce la Sacra Scrittura.
Tolkien stesso teneva a precisare questo quando scriveva che il mondo delle fiabe "si potrebbe forse tradurre nella maniera più appropriata con magia - ma si tratta di una magia e di una modalità e potere particolari, agli antipodi rispetto ai volgari trucchi del mago industrioso e scientifico" per poi aggiungere che "ho usato in precedenza magia, ma dovrei non averlo fatto: magia dovrebbe essere riservata alle operazioni del mago (...) la magia produce, o pretende di produrre, un'alterazione nel mondo primario (...) non è un'arte, ma una tecnica; ciò che desidera è il potere in questo mondo, il dominio di cose e volontà".
Egli sempre nel saggio distingue tra "l'arte, o incanto", il meraviglioso positivo che ci espone alla bellezza della creazione ed al grande dramma che in essa si svolge, dalle "perfide frodi dei maghi". Harry Potter è proprio questo mago industrioso e scientifico. Da insegnante ho avuto modo di verificare bene la carica diseducativa di una simile proposta per i ragazzi. I protagonisti delle grandi fiabe invece non diventano mai maghi, e la seduzione della magia ha sempre conseguenze gravissime e altamente distruttive: le storie di Tolkien e Lewis raccontano tutte il rifiuto della magia e del potere, non di un certo potere o di una certa magia, ma del potere e della magia pura e semplice. Non c'è eroe più antitetico a Harry Potter del giovane Frodo di Tolkien o dei fratellini Pevensie di Lewis. I loro cammini sono percorsi di fatica, offerta e spoliazione.
È la scoperta straordinaria del cristianesimo autentico, per cui protagonista della storia non è l'uomo eccezionale, come nel paganesimo antico e nelle sue recrudescenze nelle ideologie odierne, ma l'uomo che dice di sì, così come è, alla iniziativa del mistero di Dio. È questo che esalta e valorizza oltre l'immaginabile l'esperienza umana di ciascuno di noi, laddove libri come Harry Potter mostrano un palese disprezzo per i "babbani", gli uomini comuni che non hanno la magia: non si insegna più che ci sono cose brutte e malvagie da rifiutare in sé, ma solo forze da assoggettare. Questo è un atteggiamento davvero "diabolico", in quanto opposto a "simbolico": laddove un simbolo ci aiuta a cogliere i legami tra le cose, la divisione (dia-bàllo) operata da questi romanzi tra la cosa ed il suo significato oggettivo ci rendono preda di gravi menzogne. Ci viene detto che in fondo certe cose non sono male in sé, se usate a fin di bene: la violenza diventa buona, se nelle mani giuste e nelle persone giuste, magari nelle giuste dosi.
Harry Potter propone una immagine d'eroe sbagliata e diseducativa, una immagine areligiosa, che è persino peggiore di una proposta esplicitamente antireligiosa: il Demonio nella Sacra Scrittura non dice mai "Non c'è Dio", ma la ben più subdola seduzione di "Voi sarete come Dio", che Lui ci sia o no non avrete più bisogno del suo amore, perché avrete il suo potere stesso. Harry Potter si richiama apparentemente alla medesima forma narrativa usata da Tolkien e Lewis, ma svuotandone il significato. Non a caso questi romanzi di Rowling non educano alla vera trascendenza, ma ad un vaga spiritualità new-age. Sono vere opere d'evasione, di fuga dalla realtà, perché fanno credere che si sarebbe felici "se": se si avessero certi poteri, se si avesse una certa tecnica ignota ad altri, invece che nello scoprirsi amati e stimati per quello che si è da Qualcuno più grande, buono e saggio di noi che si lega alla nostra vita e al nostro cammino.
Ecco invece la "morbosa illusione" da cui Tolkien sempre ci aveva messo in guardia: l'illusione di un potere che fa appello a quella brama d'occulto e formule magiche che Lewis acutamente definì una "lussuria spirituale". E l'incremento notevole di interesse per la magia nera ed il satanismo da parte dei giovani lettori di Harry Potter dovrebbe far riflettere e preoccupare, come ci ha ricordato padre Gabriele Amorth. Risulta più che mai profondo il giudizio espresso dall'allora cardinal Ratzinger alle serie critiche della giornalista tedesca Gabriele Kuby su Harry Potter: "È una buona cosa che lei chiarisca il caso di Harry Potter, perché contiene delle sottili seduzioni che agiscono in profondità e con grande effetto, e che corrompono i giovani cristiani nell'anima, ancor prima che questa sia completamente formata".
Veritas, 20 gennaio 2008 / 2 dicembre 2010